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Indiana's sculpture soul, consisting of a salvaged wooden beam atop a wood base with the title Soul painted in white stenciled letters. Red flames are painted at the bottom of the beam and a metal wheel is attached to each side. At the top of the work is a circular metal fixture, and the haunched tenon is painted white.

Left to right, Hardrock (1961), Wall of China (1960–61), and Joy (1961), on display in Robert Indiana: The Sweet Mystery, Procuratie Vecchie, Venice. Photo: Marco Cappelletti; Artwork: © Morgan Art Foundation Ltd./Artists Rights Society (ARS), NY

A Venezia si rinnova una certa tendenza che, da diversi anni a questa parte, in concomitanza con La Biennale, vede amplificare i numerosi eventi collaterali la cui qualità, in molti casi, è davvero di altissimo livello. Di rigore scientifico, con scelte accuratissime e con una misura giusta nell’allestimento certamente segnaliamo, tra questi, Robert Indiana: The Sweet Mystery, grande antologica che porta negli spazi delle Procuratie Vecchie la storia artistica del celebre artista americano.

Come si diceva questa mostra imperdibile è tra gli eventi collaterali di maggior rilevanza della 60. Esposizione Internazionale d’Arte – La Biennale di Venezia. Curata da Matthew Lyons e presentata da Yorkshire Sculpture Park, la mostra di Indiana, ha non solo il merito di un’altissima qualità della proposta e dei contenuti, ma anche di definire con uno sguardo ampio il percorso di un autore che, altrimenti, resterebbe sminuito dalle iconiche opere della serie Love, con cui il pubblico abitualmente è solito identificarlo in maniera sommaria, sbrigativa e decisamente riduttiva.

Nelle sale dello spazio veneziano, invece, si racconta una storia e una ricerca articolate, complesse, dove i rimandi, le connessioni e i dialoghi ci restituiscono la pienezza delle analisi e delle riflessioni che Indiana ha sviluppato nel corso della sua vita.